Libero estratto da: La Settimana Veterinaria. N. 943 del 23/12/15
Prima Guerra mondiale 1915-1918
Animali con le stellette, eroi silenziosi della Grande Guerra
Oltre 16 milioni di animali vennero impiegati durante le operazioni belliche.
Anche nel corso della Grande Guerra, come in tutte quelle che l'hanno preceduta, l'uomo non ha potuto fare a meno degli animali, impiegandoli nelle mansioni più diverse. Cavalli, muli, asini, buoi, cani, gatti, piccioni, animali da lavoro, da cibo e d'affezione, furono impiegati per trasportare armi, munizioni, equipaggiamenti, feriti, ma anche per liberare le trincee dai ratti, per ritrovare e soccorrere i feriti o per far giungere ordini e comunicazioni da e per il fronte, da sentinella e da segnalazione della presenza di gas, ecc.; perfino gli elefanti e le lucciole, raccolte a migliaia in barattoli per illuminare messaggi e mappe nel buio delle trincee. Non esistono statistiche ufficiali del contributo degli animali alla Grande Guerra, la maggioranza degli studiosi parla di oltre 16 milioni di soggetti, di cui 11 fra cavalli, muli ed asini, 100-200.000 cani, 200-300.000 piccioni e il restante (sicuramente sottostimato) destinato soprattutto al vettovagliamento. Un esercito silenzioso che per la stragrande maggioranza perse la propria vita non
per ideali a lui sconosciuti, ma per un dovere innato probabilmente presente nel loro DNA, verso l'uomo soldato considerato un amico, ma che spesso non si dimostrò tale. Sorprende come questo tema sia poco conosciuto e non solo al grande pubblico, ma anche a molti addetti ai lavori, veterinari inclusi. Vale quindi la pena tentare di recuperare spazio sul primo aspetto, quello della memoria degli animali con le stellette che contribuirono con gli uomini a sostenere lo "sforzo" del grande conflitto. La letteratura nazionale e internazionale coinvolta in questa tematica è incredibilmente ricca. Molto belle e interessanti sono le storie, le poesie che, oltre a ricordare episodi militari in cui gli animali sono stati protagonisti, ci mostrano uno dei migliori lati dell'uomo che, anche nelle condizioni estreme di una logorante guerra di trincea, ha saputo esaltare il rapporto di amore con l'animale.
Cavalleria: la grande sconfitta
Occorre l'obbligo di iniziare dal cavallo e quindi dalla cavalleria la quale, purtroppo, fu la grande sconfitta della Prima guerra mondiale, guerra prevalentemente di posizione. Infatti, salvo sporadici episodi, comunque di grande importanza come le battaglie sul Tagliamento e di Pozzuolo del Friuli, fu relegata a ruolo marginale. Buona parte dei cavalli venne usata per il trasporto di uomini, munizioni, vettovaglie, ecc., ma anche come scudo protettivo dietro cui ripararsi dal fuoco nemico. Nel 1917 la cavalleria fu rimessa tutta a cavallo, a copertura e protezione delle forze che ripiegavano sul Piave dopo la sconfitta di Caporetto per ritardare l'avanzata delle truppe imperiali, e a riorganizzare la nostra linea di difesa. Compito che assolverà con le due importanti battaglie del Tagliamento e di Pozzuolo del Friuli (Genova cavalleria e Lancieri di No-vara) che costarono la perdita di circa metà degli uomini. Sarà poi protagonista anche nel 1918 con la difesa della linea del Piave e la grande riscossa di Vittorio Veneto. Circa 11 milioni fra cavalli, asini e muli morirono nel corso della guerra. Le cause di tante perdite non erano legate solo al filo spinato o alle pallottole, ma anche agli stenti, alle malattie, alla denutrizione per la scarsa e cattiva alimentazione (ad es. con le cosiddette torte di segatura), e talvolta, addirittura per la mancanza di coperte.
Muli e asini senza scelta
Neanche il mulo poté sottrarsi all'impiego in guerra, prezioso com'era per il trasporto in alternativa ai carri. Le sue caratteristiche fisiche lo resero indispensabile sul fronte montano, nel rapporto di tre per un cannone: uno per la canna, uno per l'affusto e uno per le munizioni, ma anche per ogni altro tipo di trasporto, feriti compresi.
Con l'uso dei muli, anche a pieno carico e in terreni impervi come quelli di montagna, si poterono accorciare i tempi di marcia delle truppe che arrivarono a coprire fino a un centinaio di chilometri in tre o quattro giorni. Tuttavia, quello più famoso in assoluto è il memoriale agli animali in guerra che sorge a lato di Hyde Park, a Londra, intitolato I Muli Ignoti. Due muli in bronzo, appesantiti dal carico, attraversano un immaginario campo di battaglia.
Assieme a muli, asini e buoi hanno anch'essi fatto la storia, essi furono usati per il traino dei cannoni, delle munizioni, delle masserie, dei carri e degli equipaggiamenti, ma anche per il nutrimento delle truppe.
Cani, gatti e... piccioni.
Il cane risultò ben presto un prezioso alleato: ottimo camminatore e nuotatore, versatile e adattabile sui terreni difficili venne impiegato per ritrovare e soccorrere i feriti, portare messaggi, sorvegliare e segnalare l'avanzare del nemico, soprattutto di notte, ma anche come sentinella per i gas, in questi casi il suo olfatto era di poco inferiore a quello del gatto, in realtà arruolato con lo scopo di liberare le trincee dai topi. Mancano Cifre ufficiali, si suppone che siano oltre 100.000 i cani che morirono, ma sicuramente molti di più. Un ruolo importantissimo, pagato con oltre 200.000 morti, forse 300.000, lo giocarono i piccioni viaggiatori:
quello della trasmissione di messaggi da e per il fronte, ma anche come fotografi grazie a piccole macchine fotografiche applicate sul petto. Il più famoso fu Cher Ami, che diventò, come Satan, una leggenda a Verdun. Faceva servizio nella 77ma Divisione del Reggimento di fanteria, intrappolata dietro le linee nemiche e facile bersaglio dei tedeschi, ma anche del fuoco amico delle truppe americane. Il comandante della 77' scrisse un ultimo appello ,che attaccò alla zampa di Cher Ami. Anche lui, come i due che lo avevano preceduto, fu ferito dal fuoco nemico, ma riuscì comunque a consegnare il messaggio salvando 194 uomini.
Conclusioni
A parità di armamento e uomini, non è sbagliato dire che la Grande guerra la vinse chi aveva più animali da tiro, da soma, ma anche da macello. Alimentare milioni di soldati al fronte fu un'impresa epocale. Purtroppo, durante il conflitto l'uomo, ancora una volta, mostrò i suoi lati peggiori anche verso questi umili servitori dimenticando il loro ruolo di compagni nei campi di battaglia, nelle sofferenze, negli di atti di eroismo, ecc. infliggendogli soprusi indescrivibili, maltrattamenti, carenza o assenza di cibo, uso come kamikaze, abbandono, uso come alimento, ecc. Fortunatamente, negli ultimi trenta anni si è registrata una maggior attenzione e sensibilità alla materia, come dimostrato dal medagliere: 29 cani, 32 colombi, 3 cavalli e 1 gatto, ma è sicuramente troppo poco.